Introduzione - Jainismo

JAINISMO
JAINISMO
Vai ai contenuti

Introduzione

Il Jainismo
la più antica Religione della Nonviolenza Universale

        
Da oltre duemilacinquecento anni esiste sul nostro pianeta un caposaldo della Spiritualità e della Nonviolenza: il Jainismo.

La  Spiritualità jainista si basa sulla regola aurea dell’Ahimsa, il  rispetto attivo nei confronti di ogni Vita, animale e vegetale, che è  divina e sacra, e contiene un’anima individuale eterna, potenzialmente  perfetta e santa, che aspira a liberarsi dai vincoli con la materia.  La  condotta dei Jain è dunque orientata al pacifismo, alla tolleranza,  alla protezione della creazione e delle creature, alla continenza, alla  mitezza, al vegetarismo, all’altruismo, alla sincerità, al perdono.  

Nel Jainismo cinque Regole principali sono:
Nonviolenza  -  Ahimsa
Castità  -  Brahmacharya   (o fedeltà coniugale per i laici sposati)
Verità e sincerità  -  Satya
Non rubare e non essere mai scorretti o sleali  -  Asteya
Non attaccamento -  Aparigraha.

Il principale Mantra jainista è il Namokar Mantra:
Mi inchino alle Onorevoli Anime  -  Arihantas
Mi inchino alle Anime Liberate  -  Siddhanam
Mi inchino alle Guide Spirituali  -  Ayariyanam
Mi inchino ai Maestri Spirituali  -  Uvajjhayanam
Mi inchino a tutti i Santi  -  Loe Savva Sahunam
Questo quintuplice Omaggio
Distrugge tutti i peccati
Tra gli atti auspicali di devozione
Il Namokar Mantra è il più importante.

Uno dei principali comandamenti jainisti è AHIMSA PARMO DHARMA, cioè "La Nonviolenza è la Suprema Religione".

Il saluto jainista è Jai Jinendra!
Nel  Settembre 2014 si è svolto in India a New Delhi l'Anuvrat International  Conference, a cui hanno partecipato relatori da 25 nazioni diverse.  Il  Convegno ha evidenziato che i temi globali della conservazione  dell'ambiente e della sostenibilità dello sviluppo sono da sempre  fondamentali nella filosofia Jainista.   Le indicazioni scaturite dal  Convegno convergono su una presa di posizione personale e sull'impegno  attivo individuale sui temi urgenti e globali della salvaguardia  dell'ambiente, della generosità, della condivisione col prossimo,  soprattutto con i più bisognosi, dell'attuazione della regola delle tre  R: riutilizzare, ridurre, riciclare le risorse.

Le undici regole proposte dall’Acharya Shree Tulsi nel suo Codice di Condotta Anuvrat  ("anu" = piccolo, "vrat" = voto)  sono:

1.    Non uccidere volontariamente nessuna creatura innocente
2.    Non aggredire nessuno, non fomentare l’aggressività verso nessuno, tentare sempre di portare pace e amicizia
3.    Non prendere parte ad agitazioni violente o distruttive
4.     Credere nell’unità umana, non discriminare alcun essere umano sulla  base di casta, colore, setta, o altro, né trattare alcuno come  intoccabile
5.    Praticare la tolleranza religiosa
6.     Osservare rettitudine negli affari e nel comportamento lavorativo, non  danneggiare gli altri in alcun modo, non praticare mai l’inganno
7.    Porsi dei limiti sia nei desideri sensuali sia nei desideri di possesso
8.    Non ricorrere a pratiche non etiche nelle elezioni
9.   Non incoraggiare abitudini sociali sbagliate
10. Condurre una vita libera da dipendenze come alcol, droghe, tabacco
11.  Essere sempre attenti e vigili sul mantenere l’ambiente libero da  inquinamento, non abbattere gli alberi, non sprecare l'acqua.
Estratti da  "VegAgenda 2012"  (Edizioni Sonda)    
(di Claudia Pastorino):

“La Compassione è il dovere supremo di ogni essere vivente”  (Tattvarth Sutra)

Il  Jainismo è antico di 2600 anni eppure fortemente in linea con i più  vigorosi moderni Movimenti animalisti, pacifisti, ecumenisti,  ambientalisti. Sorto in India e attualmente diffuso pressoché  esclusivamente in India e in USA, è costituito da due Scuole principali:  Digambara (vestiti di cielo) e Svetambara (vestiti di bianco). Le  Comunità jainiste sono molto solide e stimate: in tutta l'India i Jain  possiedono e gestiscono numerosi templi (molti dei quali magnifici),  ostelli, biblioteche, rifugi per animali e centri veterinari  (Panjarapole). Il termine Jain significa Vittorioso e designa colui che  ha vinto sugli attaccamenti, sulle avversioni, sull'egoismo, sul  materialismo, sulle passioni. Per il Jainismo ogni anima è individuale e  potenzialmente perfetta; la metafisica jainista è molto complessa e  attribuisce grande importanza alla logica e alla comprensione: grazie  alla retta conoscenza, che conduce alla retta fede, e quindi alla retta  condotta, ciascuno può, già da questa vita, accedere alla Liberazione.

Attraverso  dodici letture scelte tra le favole dei bimbi Jain, antichi racconti,  testi sacri, incontriamo la più antica Dottrina spirituale della  Compassione e della Nonviolenza universale.
“Compito delle creature viventi è servirsi l’un l’altra”   (Tattvarth Sutra)

Ahimsa  (Nonviolenza) è il principio che i Jain insegnano e praticano non solo  nei confronti degli esseri umani ma anche degli animali e della natura.  La Nonviolenza jainista è positiva e attiva, e postula la costante  vigilanza nel non nuocere in alcun modo ai propri simili, agli animali,  alle piante, agli elementi; anche causare inquinamento è considerato  Himsa (violenza) dai Jain.

E’ caratteristica essenziale di ogni  uomo saggio che non uccida alcun Essere Vivente. Senza dubbio, un  individuo dovrebbe comprendere semplicemente i due principi chiamati  Nonviolenza ed Eguaglianza verso qualsiasi Essere Vivente (sutra 147)

Tutti  gli Esseri Viventi vogliono vivere e non morire; per questo le persone  completamente prive di attaccamenti (Nirgranthas) proibiscono  l’uccisione degli Esseri Viventi (sutra 148)

In tutti i casi, sia  consapevolmente che inconsapevolmente, un individuo non dovrebbe mai  uccidere gli altri Esseri Viventi -mobili o immobili- di questo mondo,  né permettere ad altri di ucciderli (sutra 149)

Come il dolore non  ti è gradevole, ugualmente non lo è per gli altri. Conoscendo questo  principio di Eguaglianza, tratta sempre gli altri con Rispetto e  Compassione (sutra 150)

Uccidere un Essere Vivente è come uccidere  sé stessi; mostrare compassione a un Essere Vivente è come mostrarla a  se stessi. Colui che desidera il proprio bene, dovrebbe evitare di  causare qualsiasi tipo di danno a un altro Essere Vivente  (sutra 151)

L’Essere  Vivente che vorresti uccidere è uguale a te stesso; l’Essere Vivente  che vuoi tenere sottomesso è uguale a te stesso  (sutra 152)

(da SAMAN SUTTAM  -   Il Canone del Jainismo)
Le Dottrine Jainiste Anekantavada (Dottrina dei molti aspetti, e  della Molteplicità dei punti di vista) e Syadvada (Dottrina del non  assolutismo, e della Relatività della conoscenza), insegnando a  riconoscere una parte di vero in ogni pensiero, aprono la via verso  l’armonia, l’eliminazione dei conflitti, l'ecumenismo, l'accettazione.  

C’era  una volta un villaggio dove vivevano sei non vedenti. Un giorno arrivò  un elefante nel villaggio; essi non avevano idea di che cosa fosse: si  recarono dov'era l'elefante e ciascuno iniziò a toccarlo.  "L’elefante è una colonna" disse il primo uomo che toccò una delle  gambe. "Oh, no! È come una fune" disse il secondo che stava toccando la  coda. "Oh, no! È come il ramo di un albero" disse il terzo che stava  toccando la proboscide. "L’elefante è come un grosso ventaglio" disse il  quarto che stava toccando l’orecchio.  "No!  E' come un grosso muro"  disse il quinto che stava toccando il ventre dell’elefante.  "No! E'  come un solido tubo" disse il sesto che stava toccando una zanna. I sei  non vedenti iniziarono a litigare riguardo alla forma dell’elefante e  ciascuno sosteneva di avere ragione. Diventavano sempre più agitati e la  tensione aumentava. Un uomo saggio passava di lì e li vide. Si fermò e  chiese: "Qual è il problema?" Risposero: "Non siamo d’accordo sulla  forma dell’elefante." E ciascuno raccontò la propria sicura versione. Il  saggio uomo con calma spiegò: "Ciascuno di voi ha ragione! Il motivo  delle differenze è dato dal fatto che ognuno ha toccato una parte  diversa dell’elefante. Infatti l’elefante possiede tutte le  caratteristiche che avete descritto." "Oh!" esclamarono tutti. Da allora  non vi furono più litigi: erano tutti contenti di avere ciascuno la  propria parte di ragione.
Nel Jainismo la retta condotta consiste nell’osservanza delle cinque  regole: Nonviolenza (Ahimsa); verità e sincerità (Satya); non rubare e  non essere mai scorretti o sleali (Asteya); castità per i monaci  (Brahmacarya) e fedeltà coniugale per i laici; non attaccamento, cioé  non possedere nulla per i monaci, e dare tutto il superfluo in  beneficenza per i laici (Aparigraha). Altre regole fondamentali sono:  pazienza, tolleranza, fermezza, accettazione della derisione e del  dolore. Pensiamo a come queste regole abbiano formato la statura del  Mahatma Gandhi!

Soma era una giovane Jain molto devota,  ma né il marito né la madre di lui approvavano la sua devozione. La  suocera cercava di impedirle le meditazioni disturbandola, ma Soma non  le prestava attenzione ed era sempre molto gentile con lei cercando di  farle capire le proprie motivazioni, senza riuscirvi. Faceva tutto ciò  che la suocera le ordinava, e riusciva comunque a ritagliarsi il tempo  per le meditazioni. La suocera di Soma arrivò persino a urlare e a  picchiarla. Soma rimaneva calma e tollerava tutti questi abusi senza mai  dire una parola meno che gentile poiché conosceva l’importanza della  pazienza e della tolleranza. Un giorno la suocera di Soma decise di  ricorrere a una misura estrema: comprò un serpente velenoso e lo mise in  un cesto. Chiamò Soma e le chiese di portarle la ghirlanda di fiori che  si trovava in quel cesto. Soma obbedì ed essendo sempre concentrata  prima di prendere il cesto sussurrò una preghiera a Mahavira e recitò il  Mantra Namokar: mise le mani nel cesto per prendere la ghirlanda e  quando estrasse le mani reggeva davvero una  ghirlanda di fiori!  La  suocera di Soma rimase scioccata!  Soma consegnò la ghirlanda che, non  appena venne appoggiata, si ritrasformò in serpente. La suocera allora  comprese finalmente la religiosità di Soma e da quel giorno divenne una  devota del Jainismo.
Il Jainismo rappresenta il più alto e concreto tentativo che mai sia  stato attuato in ambito spirituale per eliminare universalmente violenza  e sofferenza.  “Vivi e lascia vivere, ama tutti, servi tutti!" costituisce il supremo Comandamento jainista.

C’era una  volta un elefante che viveva in una foresta insieme ad altri animali.  Un giorno un grosso incendio divampò nella foresta. Per salvarsi, tutti  gli animali, compreso l’elefante, corsero a mettersi al riparo in  un’area sicura. In poco tempo la zona divenne sempre più affollata e si  riempì di animali. L’elefante, per un attimo di prurito, sollevò la  zampa e, approfittando dell’occasione, un coniglio saltò velocemente a  occupare lo spazio libero che si era creato. Nel momento in cui  l’elefante stava per riappoggiare la zampa, si accorse del coniglio  seduto e, per evitare di ucciderlo o di fargli del male, rimase con la  zampa sollevata. L’incendio durò tre giorni, e durante tutto quel tempo  l’elefante rimase con la zampa sollevata per non nuocere al coniglio.  Quando il fuoco si placò tutti gli animali, compreso il coniglio, se ne  andarono. L’elefante era felice di aver salvato la vita del coniglio. Ma  quando cercò di appoggiare la zampa non ci riuscì, poiché il suo corpo  era rimasto bloccato. Cadde. E morì. Come conseguenza della sua Compassione l’elefante rinacque come Principe Meghkumar nella sua vita  successiva.
Nel Jainismo la scelta vegetariana è fondamentale per avere successo  nel percorso di evoluzione spirituale. I Jain (monaci e laici) osservano  da sempre uno stretto regime vegetariano. Da quando l’uomo ha  industrializzato lo sfruttamento degli animali, i Jain hanno  ulteriormente rinvigorito la Dottrina, sconsigliando (in The Book of  Compassion) tutti gli alimenti di origine animale, poiché provenienti da  violenza. I Jain non mangiano neppure quei vegetali (Udumbaara)  estirpando i quali si uccide l'intera pianta.

Il  Principe Nemkumar era fidanzato con la Principessa Rajul. Nel giorno del  loro matrimonio, il Principe Nemkumar viaggiava verso il palazzo della  Principessa Rajul su una carrozza riccamente adornata. Mentre viaggiava  felice udì le urla di molti animali e uccelli.  Chiese al suo cocchiere  il motivo di quelle grida.  Il cocchiere gli disse che quelli erano gli  animali destinati al suo pranzo di nozze. Questa risposta gelò il sangue  nelle vene del Principe Nemkumar e lo rese molto triste. “Gli animali  soffrono quando vengono uccisi!  Uccidere animali e uccelli per  l’alimentazione non è giusto e non è necessario!” disse. Il Principe  Nemkumar fece fermare la carrozza e andò a liberare tutti gli animali.  L’illuminazione lo raggiunse in quello stesso momento. Egli rinunciò al  suo matrimonio e se ne andò.  Abbandonò tutte le ricchezze e tutti i  piaceri terreni e si ritirò nella foresta a meditare. Molte tra le  persone invitate al matrimonio furono illuminate dalla scelta del  Principe Nemkumar: divennero compassionevoli e smisero anch’esse di  mangiare gli animali.
Nel Jainismo le donne rivestono da sempre un ruolo molto importante.  Le monache Jain (Saddhvi) hanno accompagnato Mahavira fin dagli inizi  della sua predicazione e formano una delle più antiche comunità  ascetiche dell’India, attualmente due volte più numerosa di quella degli  uomini. La 19ma tra i 24 Saggi Tirthankara (=Costruttori del Ponte) è  una donna, Mallinatha, alla quale è dedicato un grandioso tempio sul  monte Girnar, in Gujarati.

Mallinatha era una  principessa talmente desiderata e bella che ben sei principi la volevano  in sposa. Poiché ella rifiutava di incontrarli, essi per vendetta  dichiararono guerra a suo padre. Non sopportando la disperazione del  padre, Mallinatha accettò allora di incontrare i sei pretendenti,  facendoli ricevere in sei stanze separate, da ciascuna delle quali ogni  principe poteva contemplare la statua della bellissima principessa. Il  giorno dopo, mentre i sei innamorati erano in estasi di fronte alla  sublime bellezza della scultura, giunse Mallinatha: tolse i fiori di  loto che ricoprivano la statua e subito un insopportabile fetore inondò  l’aria. Disse: “Signori, all’interno della statua ho collocato ogni  giorno degli alimenti;  potete constatare ora che cosa sono diventati.  Anche il mio corpo è fatto così: la decomposizione è insita nella mia  stessa natura. Non fatevi dominare dal desiderio, dalle passioni, dal  senso del possesso”.

Convinti da queste parole, i principi abbandonarono i loro regni e abbracciarono l’ascetismo.  

Mallinatha raggiunse quel giorno stesso la Liberazione.
Il Tirthankara predecessore di Vardhamana Mahavira fu Lord  Parshvanath, ventitreesimo Costruttore del Ponte tra l'imperfetta natura  incarnata e l'ineffabile essenza dell'anima liberata.

Questo  racconto allude alla presa di distanza da parte del Jainismo dal sistema  vedico, a causa dei riti sacrificali e della divisione in caste.

Un  giorno il Principe Parshvanath si imbatté in un bramino che stava  officiando pubblicamente un rituale religioso. Con il suo potere  extrasensoriale Parshvanath avvertì la presenza di due serpenti rimasti  intrappolati nella catasta di legna di uno dei falò accesi dal bramino.  Prese a disfare la catasta, facendo infuriare il bramino. Con grande  sorpresa di tutti, due serpenti mezzi bruciati uscirono da sotto la  legna. Il bramino si vergognò moltissimo. Il Principe Parshvanath recitò  il Mantra Namokar per i serpenti morenti. I serpenti mentalmente  ringraziarono il Principe Parshvanath e morirono in pace sotto il  benefico influsso del Mantra Namokar. A causa della serenità con la  quale avevano ascoltato il Mantra, i serpenti rinacquero come Re e  Regina degli Angeli. La gente se ne andò amareggiata pensando al  grossolano rituale del bramino disattento e non costantemente vigile nel  non causare violenza.
Il 24mo Tirthankara Vardhamana Mahavira visse nel sesto secolo a.C.  Al termine di dodici anni di pratiche spirituali giunse  all'Illuminazione e dedicò i rimanenti trent'anni della Sua vita al  benessere di tutte le creature viventi. Rifiutò i tanti dogmi,  pregiudizi, false dottrine, superstizioni che popolavano l'India; si  oppose ai sacrifici animali e umani, abolì la divisione in caste e il  divieto allo studio per le donne e per le classi povere. Promosse il  cammino della Nonviolenza, del distacco, della consapevolezza,  dell'austerità, dell'equanimità.

Il piccolo Mahavira, che  a quel tempo si chiamava Principe Vardhamana, stava giocando con gli  altri bambini a “tocca e cavalca”: chi riusciva a toccare un altro  bambino senza farsi toccare avrebbe vinto, e il perdente avrebbe dovuto  trasportarlo sulla propria schiena. Un nuovo bambino si unì al gioco. Il  Principe Vardhamana batté il nuovo arrivato ma poco dopo, mentre  Vardhamana era sulla sua schiena, il bambino iniziò a crescere e  diventare sempre più alto e spaventoso. All’inizio gli amici di  Vardhamana guardavano l’evento con curiosità, ma la faccia del nuovo  bambino iniziò a trasformarsi in un orribile ghigno e i bambini si  spaventarono e corsero via in preda al panico. Vardhamana rimase invece  calmo e coraggioso. Il mostro continuò a crescere tantissimo per  terrorizzare Vardhamana. A un certo punto Vardhamana gli diede un pugno  in testa. Il mostro cercò di disarcionare Vardhamana dalla propria  schiena per evitare un altro pugno, ma non vi riuscì. Alla fine il  mostro si arrese e chiese perdono e Vardhamana lo perdonò prontamente.  Il mostro si pentì della sua prepotenza e del suo inganno, e chiamò il  Principe Vardhamana con il nome di Mahavira, che significa Grande Eroe.  Da quel momento in poi il Principe Vardhamana venne chiamato da tutti  Mahavira.
Presso i templi e le comunità dei Jain, gli animali non debbono  temere per la propria incolumità. I Jain organizzano alloggi per  uccelli, animali anziani, abbandonati, feriti (Panjarapole), e  d'abitudine acquistano animali dai macellai per dare loro salvezza e  ricovero.

Nei sussidiari dei bimbi Jain, Himsa (violenza) è simboleggiata dal disegno del macellaio e dal disegno del cacciatore.

Un  giorno il Principe Vardhamana insieme agli altri bambini stava giocando  vicino a un grande albero secolare. Di colpo essi videro un serpente  nero con gli occhi gialli che soffiava minaccioso. Gli amici del  Principe Vardhamana si spaventarono: alcuni scapparono via, altri si  arrampicarono sull’albero. Soltanto Vardhamana rimase calmo. Andò vicino  al serpente. Dolcemente lo accarezzò, lo prese e lo spostò senza fargli  del male. Tutti gli altri bambini si rassicurarono. Vardhamana disse  loro: “Dovete avvicinare le creature con amicizia, non con paura!”
Il Jainismo è una Dottrina spirituale ateista nel senso che rifiuta  scientificamente ed empaticamente l'idea di un creatore increato,  ritenendola non utile per il progresso spirituale dell'individuo. Il  sacro è insito nell'anima di ogni essere vivente; ognuno può aspirare  alla deità: il Jainismo riconosce infatti numerosissimi Dei, intesi come  esseri autoliberatisi grazie ai propri sforzi personali.

Due  Dei si recarono sulla terra per mettere alla prova la Compassione del  Re Meghrath: uno assunse la forma di piccione, l’altro di falco. I due  entrarono a palazzo dove il falco cercò di catturare il piccone per  mangiarlo. Visto ciò, il Re Meghrath gli disse: “Io posso darti  dell’altro cibo!” e gli offrì un canestro di prelibatezze, ma il falco  disse: “Io non sono un essere umano, non sono vegetariano, ho bisogno di  carne come cibo!” Il Re gli disse: “Lascia dunque che ti dia la mia  stessa carne al posto di quella del piccione!” Uno dei dignitari  esclamò: “Vostra Maestà, perché non prendere un po’ di carne dal  macellaio?” Il Re replicò: “No, perché quando noi consumiamo vegetali  fiorisce il commercio del fruttivendolo, mentre se consumiamo carne  fiorisce il commercio del macellaio. Il macellaio deve uccidere un  animale per darci la carne che gli chiediamo.” Con queste parole, il Re  prese la sua spada, si tagliò un pezzo di carne dalla gamba e la offrì  al falco. Ma il falco ne voleva di più e di più, fin che, col cuore  pieno di compassione, il Re decise di offrire tutto il suo corpo.  L’intera corte non riusciva a capacitarsi che il Re fosse disposto a  donare la propria vita per quella di un insignificante uccello mai visto  prima! Ma il Re sapeva che il suo dovere e la sua Dottrina erano più  importanti di tutto il resto. Quando il piccione e il falco riassunsero  la loro forma divina, si inchinarono al Re e dissero: “Oh grande Re! Che  tu sia benedetto! Ci hai dimostrato di essere un Re coraggioso e  compassionevole. Sia lode a Te!” L’intera corte esultò: “Lunga vita al  Re Meghrath!” Qualche vita dopo l’anima del Re Meghrath divenne il  sedicesimo Tirthankara Shantinatha.
I Sutra del Perdono

Il  Jainismo insegna la condivisione e la cura di tutti gli esseri viventi  attraverso atti concreti: soccorrerli, proteggerli, servirli.
Implica l’amicizia universale, il perdono, la non-paura.
I Sutra del Perdono recitano:
Io  domando perdono a tutti gli esseri viventi, possano tutti gli esseri  viventi perdonarmi. La mia amicizia è verso tutti gli esseri viventi.  Qualunque torto io abbia commesso, chiedo perdono a tutti gli esseri  viventi!

Un giorno Mahavira decise di passare  attraverso la foresta dove viveva il temuto cobra velenoso Chandkaushik.  Mahavira non aveva paure: considerava la paura e l’odio come violenza  verso se stessi. Quando arrivò nella terra di Chandkaushik, Mahavira si  fermò per meditare. Chandkaushik sentì che qualcuno si era introdotto  nel suo territorio: uscì dalla sua tana, iniziò a soffiare a Mahavira  per spaventarlo, poi lo morse e gli iniettò il veleno. Mahavira aprì gli  occhi, era tranquillo e totalmente privo di paura o rabbia. Guardò  Chandkaushik negli occhi e gli disse con amore e compassione: “Svegliati  Chandkaushik! Pensa a cosa stai facendo!” Chandkaushik si calmò  immediatamente e comprese dove lo avevano portato la rabbia e l’ego  delle sue vite precedenti. Pacificamente appoggiò la testa al suolo.  Mahavira riprese il suo cammino. Chandkaushik, ormai in pace, entrò  nella tana solo con la testa, lasciando fuori il corpo. Quando si seppe  che Chandkaushik non era più pericoloso, alcuni andarono a vederlo e lo  trovarono disteso in pace. Qualcuno, arrabbiato per aver perso a causa  sua persone amate, gli tirò pietre. Il sangue del cobra attirò le  formiche che iniziarono a cibarsi delle sue carni. Il cobra rimase  calmo, in pace, senza più rabbia. Questo autocontrollo dei propri  istinti distrusse il karma negativo accumulato. E così Chandkaushik fu  liberato dalle rinascite.
Uno Stato interamente Vegetariano

In epoca medievale  un intero Stato indiano, il Gujarati, sotto la guida di un saggio Re  Jain fu interamente vegetariano e bandì qualsiasi uccisione e  maltrattamento di animali.

Intorno al 1133 il regno di  Kumarpal, Re del Gujarati, Stato dell'India occidentale, fu largamente  influenzato dagli insegnamenti del grande Maestro Jain Acharya Shri  Hemchandrasuri (1089-1173), seguace di Mahavira.  
Il Re Kumarpal  era così ispirato dagli insegnamenti dell'Acharya Shri Hemchandrasuri  sull'Ahimsa e sulla Compassione, che aveva introdotto nell'intero Stato  il divieto di mangiare animali, e di ucciderli per il cibo, per lo  sport, per il divertimento.
Fu così che per molte generazioni lo  Stato del Gujarati divenne interamente vegetariano e nessuno uccise più  animali, né li torturò o li sfruttò.
Questo è forse l'unico caso  di uno Stato che per un certo periodo seguì l'antico principio  dell'Ahimsa, e divenne interamente vegetariano e nonviolento per più e  più generazioni.
La Simbologia Jainista

Tutta la simbologia jainista  consiste nella luna, nei tre punti, nell'AUM o Svastica  (dal Sanscrito  "Salute", "Prosperità"), nel palmo della mano con al centro la ruota  (Chakra), nella figura di contorno che racchiude tutti questi simboli.  Nel Jainismo ogni simbolo individuale viene usato anche separatamente.

I  tre punti rappresentano la Trinità jainista, la Via della Liberazione:  Retta Fede (Samyak Darshan), Retta Conoscenza (Samyak Jnana), Retta  Condotta (Samyak Charitra).  
La luna rappresenta il luogo dove risiedono le Anime liberate (Moksha).
Al  centro troviamo indifferentemente AUM (forma schematica del Mantra  Namokar, il principale Mantra jainista) o Svastica (i cui quattro raggi  ricordano che le anime non liberate sono sottoposte a un continuo ciclo  di nascite, sofferenze, morte).
Il palmo della mano simboleggia  l’affermazione "Non avere paura" rivolta agli Esseri viventi, sofferenti  a causa dei legami karmici, affinché non si scoraggino nel proseguire  saldamente sulla Via della Liberazione.
La ruota (Chakra) con i ventiquattro raggi rappresenta la Dottrina insegnata dai ventiquattro Saggi Tirthankara.
La figura di contorno simboleggia un essere umano stilizzato, e rappresenta la descrizione jainista della forma dell’universo.
Il testo sotto il simbolo è "Parasparopagraho Jivanam" che significa: "Scopo degli Esseri viventi è servirsi l’un l’altro”.
La metafisica jainista attribuisce grande importanza alla logica sul  piano cognitivo; viene data una spiegazione scientifica, codificata nei  minimi particolari, dell’origine e del divenire degli universi, eterni e  increati, in cui si dimostra scientificamente che l’anima non nasce e  non muore, ma migra di corpo in corpo fino alla sua Liberazione, che può  essere ottenuta disgregando i frutti dei propri karma negativi e dei  propri attaccamenti.
La filosofia dei Jain postula le Dottrine del  Non-assolutismo e della Molteplicità dei punti di vista (“Anekantavada”  e "Syadvada") e la Dottrina della Costante Vigilanza.
Le Dottrine  del Non-assolutismo e della Molteplicità dei punti di vista insegnano  ad allargare il proprio punto di vista, la prospettiva di giudizio, e a  vedere in ogni affermazione, pensiero, credo, contemporaneamente una  parte di vero, di non vero, di descrivibile e di indescrivibile.  L’adozione di queste Dottrine apre la mente e il cuore all'ecumenismo e  al superamento di ogni differenza di religione, di pensiero, di  appartenenza.
La Dottrina della Costante Vigilanza richiede ai  Jain di non allentare mai la propria attenzione nei confronti del  rispetto per tutte le vite, e nei confronti dell’applicazione  dell’Ahimsa. E’ detto che un individuo costantemente vigile è sempre  nonviolento, anche quando per una circostanza imponderabile e  involontaria causi una violenza;  mentre un individuo disattento è  sempre violento nel suo cuore, anche quando non causa direttamente una  violenza.
I ventiquattro Saggi Tirthankara  ( = Costruttori del ponte) sono  esseri umani illuminati e autoliberatisi grazie alla loro condotta e  alla loro disciplina; il loro compito è essenzialmente quello di  indicatori della Via verso la Liberazione.
Ogni progresso  personale nella vita dell'individuo e la disgregazione dei karma  accumulati, possono avvenire unicamente grazie ai propri sforzi, alla  condotta, all’impegno, alla disciplina dell'individuo. Ciò si descrive  nel Jainismo attraverso l'adozione dei tre Gioielli: Retta Fede, Retta  Conoscenza, Retta Condotta.
Il termine Jain significa Vittorioso e  designa colui che ha vinto sugli attaccamenti, sulle avversioni,  sull’egoismo, sul materialismo, sulle passioni, sull'aggressività.   L’origine del Jainismo si perde nella notte dei tempi; sono noti al  mondo gli ultimi ventiquattro Saggi Tirthankara che reiterarono i  fondamenti della Dottrina, il più recente dei quali, Vardhamana Mahavira  visse in India intorno al 500 a.C.  Mahavira era contemporaneo di  Buddha; come lui figlio di un raja, decise di ritirarsi per meditare  sulla natura dell’anima raggiungendo il Nirvana pare con vent’anni di  anticipo sul Buddha. Sia Buddha che Mahavira si opposero al vedantismo a  causa della divisione in caste e dei sacrifici animali.  
Come  rilevato da diversi studiosi, il Jainismo rappresenta il massimo  tentativo che sia stato messo in atto in ambito spirituale per ridurre o  annullare la violenza.
Torna ai contenuti